11.10.06

Convegno sui movimenti democratici italiani e francesi

Negli ultimi anni c'è stata una rinascita della domanda di "politica", non nel senso di partecipazione parlamentare (anzi: l'astensionismo cresce sempre di più), ma di attività di base, del "fare" politica al di là dei sistemi rappresentativi.

Ciò purtroppo non dimostra che che la politica interessi fasce sempre più larghe della citadinanza, ma che chi si interessa sta ritrovando il coraggio, la voglia (e purtroppo la necessità, a quanto pare) di far sentire la propria voce.

Nel 2003 venne organizzato presso l'Istituto di Romanistica dell'Università di Francoforte sul Meno, qui in Germania, un convegno dedicato ai movimenti italiani e francesi, con interventi molto interessanti.

Nel numero di novembre 2003 di Contrasto provai a riassumere i contenuti di detto convegno. Ve li rioffro qui.

Buona lettura,

Mauro.

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Convegno sui movimenti democratici italiani e francesi

Dammbruch des Parlamentarismus und des Repräsentativsystems: die Demokratie?

Il 20 e 21 giugno scorsi, presso l’Università di Francoforte, si è tenuto un convegno coordinato da Francesca Fabbri-Müller dedicato ai nuovi movimenti democratici italiani e francesi nati in risposta alla globalizzazione politico-finanziaria.

Bisogna subito dire che sul convegno ha aleggiato fin da subito un’ombra: Berlusconi. Non solo per il fenomeno in sé, quanto per il fatto che pochi giorni prima in Italia era stata approvata la legge sull’immunità. Berlusconi è stato tema esplicito dell’intervento di Adrien Candiard (École Nationale Superieur, Parigi): “Il governo Berlusconi: anomalia o modello neoliberale?”. Candiard parte dal concetto tipico italiano di anomalia. Strappi come Berlusconi o Mussolini sono normalmente eccezioni, in Italia anomalie. Anche Mussolini cominciò come anomalia italiana e divenne quasi un modello europeo. Seguirà anche Berlusconi lo stesso percorso?

Nicola Tranfaglia (Università di Torino) ha aperto il convegno parlando dei rapporti tra media e politica, cercando di inquadrare il fenomeno Berlusconi all’interno della situazione italiana. Situazione “debole”, particolare anche prima del suo avvento. Uno dei problemi, forse il meno conosciuto nonostante la sua importanza, è l’assenza di fatto in Italia di editori puri, con i conseguenti intrecci tra stampa, economia e politica.

Il successivo intervento di Bernard Cassen (Le Monde Diplomatique) è stato dedicato ad Attac-France e al Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre, punto di partenza di un vero movimento mondiale, contraltare del forum economico di Davos. Il forum sociale e le sue versioni locali esprimono il bisogno di impegno politico attivo, il desiderio di guidarsi e non essere guidati. Questi forum, espressione di bisogni profondi, sono però ancora vittime di ambiguità e contraddizioni non risolte. Il rischio maggiore, dice Cassen, è costituito dal sottile confine tra radicamento e radicalizzazione.

Su Attac e la sua genesi ha parlato anche Jacques Capdevielle (Istituto di Scienze Politiche del CNRS), sottolineando il ruolo attivo di Attac-France e di Le Monde Diplomatique nell’organizzazione del Forum. Attac è nato nella seconda metà degli anni ’90 durante i negoziati OCSE per un accordo multilaterale sull’investimento, in reazione allo strappo tra politica e cittadini. Reazione che in parte contribuì al ritiro della Francia da tale accordo. La difficoltà di Attac (e non solo) è la comunicazione col “grande pubblico”. Attac conta 30.000 membri (in confronto, i verdi francesi 10.000), in Italia e Spagna migliaia di persone sono scese in piazza. Nonostante ciò Chirac, Aznar e Berlusconi ne sono stati intaccati elettoralmente in maniera limitata.

Rimanendo in Francia, Erwan Lecoeur (dottorando di sociologia a Parigi) ha esaminato la figura di Le Pen e il populismo del suo Front National. Anche in questo caso si ripropone il problema comunicativo: dal 1995 sul FN è infatti quasi calato il silenzio, sembra che il problema sia svanito. Un problema – come dimostrato dalle elezioni del 2002 – invece ben vivo. Il movimento di Le Pen sotto certi aspetti è una versione di destra dei movimenti democratici, una reazione alla globalizzazione. Le Pen parla facile, concreto, fornisce apparenti risposte. Rischiando così di indebolire i movimenti popolari più che la destra.

Francesco Pardi (Università di Firenze) ha parlato poi dei Girotondi e della loro genesi: i movimenti sono una reazione non solo all’autocrazia berlusconiana, ma anche (o soprattutto?) all’inattività della sinistra. L’opposizione latita nel Palazzo? Si fa (non in modo violento) per le strade. Cristiano Barattino (studente dell’Università di Genova) tratta lo stesso tema di fondo, ponendo l’accento sulla reazione al G8 di Genova. Questi due interventi introducono anche il tema della rappresentatività. Il potere economico non elegge più i propri rappresentanti, si autoelegge.

Ornella De Zordo (Università di Firenze) ha introdotto il Laboratorio per la Democrazia, che affronta la crisi della politica partecipativa anche a livello di teorico con gruppi tematici e studi. Particolarmente interessante tra i temi trattati dal LabDem il rapporto tra donne e politica: il governo Berlusconi ha costituito anche un passo indietro in merito alla presenza femminile in politica.

L’ultimo intervento, di Paul Ginsborg (Università di Firenze), ha cercato di analizzare sociologicamente i movimenti, ponendo l’accento sui ceti medi, in passato visti negativamente, oggi diventati riflessivi e attivi, anche grazie alla società post-industriale che ha portato alla fine del dualismo padrone-operaio.

Questo convegno ha cercato con successo di chiarire lo stato attuale dei movimenti. Il loro futuro resta però aperto e, in parte, accompagnato da incognite. Cosa sarà dei movimenti se dall’interno verrà chiesta una partecipazione, una responsabilità diretta? Riusciranno i movimenti italiani a diventare laboratori permanenti, oppure il giorno che cadrà Berlusconi perderanno spinta e vitalità?

In attesa di queste risposte, i movimenti hanno intanto riportato la politica intesa nel suo senso più vasto di attività sociale e impegno concreto in mezzo alla gente. Cosa che alla politica “ufficiale” ormai da lungo tempo non riesce più.