31.10.06

Mafia, Mafien... oder? - versione integrale

Il 6 ottobre scorso pubblicai qui sopra il mio articolo Mafia, Mafien... oder?, come apparso nel 2001 su Contrasto.

Scrissi che la versione pubblicata era stata depurata per sicurezza di alcuni passaggi. Qui vi presento la versione integrale, mai pubblicata.

Buona lettura,

Mauro.

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Gibt es Mafia auch in Deutschland oder nicht?

Mafia, Mafien... oder?

Oft haben wir gehört, dass mit den italienischen Emigranten auch die Mafia in Deutschland gekommen ist, aber dass diese Mafia in den italienischen Kreise geblieben ist. Ist das wahr? Nicht ganz: die Mafia ist wirklich hier angekommen, aber die Geschichte ist ein bißchen anders.

Qualche tempo fa, parlando con un avvocato qui in Germania, scoprii qualcosa tutto sommato non assurdo, ma che mi stupì non poco: due cittadine tedesche (Kempten e Münster) possono essere considerate come un “buen retiro” della mafia. Due luoghi dove i mafiosi che vogliono ritirarsi dagli “affari”, ma senza tradire, vanno a godersi la pensione. Due luoghi in cui, senza problemi, possono fare i pensionati.
Ma perché proprio la Germania? Perché proprio queste due località?
La Germania non è certo famosa per la tolleranza verso le attività illegali, non è un paradiso fiscale, ha legami con l’Italia abbastanza forti da poter permettere agli inquirenti italiani di venire qui a chiedere alle autorità tedesche di darsi da fare (e viceversa). Quindi, sembrerebbe l’ultimo paese in cui un mafioso possa sentirsi sicuro. Eppure...

In effetti non è difficile capire l’importanza di città quali Münster e Kempten: cittadine tranquille, dove (non solo per i cittadini, ma anche per le autorità) il quieto vivere è più importante della giustizia e quindi dove si possono fare i propri affari senza problemi, fino a che non si disturbano gli altri. Cittadine ricche, e quindi dove un afflusso ulteriore di denaro non fa notizia, e soprattutto cittadine in posizioni strategiche. Münster, apparentemente isolata, ma ben collegata a centri finanziari quali Francoforte, Colonia, Londra e Amsterdam. Kempten, apparentemente ancora più isolata, ma vicina alla Svizzera (la grande “lavatrice” di tutti i capitali mafiosi) e non troppo lontana dall’Italia.
Per di più cittadine di un paese dove le leggi e le autorità sono sì severe, ma fino a poco tempo fa non abituate alla criminalità organizzata di stampo mafioso, quindi su certi argomenti “ingenue”.

Ma la Germania non è solo un luogo di pensionamento per mafiosi, se così fosse tanto l’Italia quanto la Germania potrebbero permettersi sonni più tranquilli.
Il legame tra la mafia e la Germania è molto più articolato e ha avuto origine in maniera sistematica negli anni ‘70, una volta finita l’ondata dei “Gastarbeiter”, con una vera e propria esplosione dopo il 1989, dopo la caduta del muro di Berlino.

Tutto sommato non è una sorpresa: la Germania è il cuore economico-finanziario d’Europa, quindi ogni tipo di commercio o attività finanziaria, legale o illegale, non può prescindere da questo paese. Per di più, dopo la caduta del muro e l’unificazione, essa è diventata la porta d’accesso privilegiata verso l’ex blocco sovietico, mercato vastissimo e non limitato da quelle regole che stanno frenando fortemente l’attività mafiosa all’interno della comunità europea.
A dimostrazione di questa centralità tedesca sta il fatto che recenti indagini (riportate in un reportage dal “Corriere della Sera”) hanno mostrato come un’organizzazione criminale molto meno organizzata e più “antiquata” della classica mafia, e cioè la ‘ndrangheta calabrese, investe in Germania la maggior parte dei propri guadagni.

Nel 1998, “Die Welt”, riportando dichiarazioni e rapporti dell’unità investigativa antimafia bavarese e del Bundeskriminalamt, tracciò un quadro sommario, ma interessante, delle attività mafiose in Germania.
Secondo tale rapporto, le organizzazioni criminali italiane stanno sempre più trasferendo attività oltralpe e la Germania non è più solo zona di “pensione” o di parcheggio per killers, ma si sta sempre più trasformando in territorio operativo, con sempre maggiore indipendenza dalle centrali in territorio italiano. Le principali attività in territorio tedesco sarebbero il traffico di droga e armi, affiancate dal traffico di schiavi (prostituzione, lavoro nero, ecc.), dalla produzione di denaro falso, ma soprattutto il riciclaggio di denaro sporco, con investimenti spesso legali.
La mafia “tedesca”, ovviamente, ha sviluppato un comportamento diverso nei confronti del territorio rispetto alle origini italiane. Il vero e proprio controllo del territorio, sovrapponendosi allo stato, qui non esiste, in parte per la capacità dello stato stesso di opporvisi e in parte (forse soprattutto) per la terribile concorrenza delle mafie russa e turca, stabilitesi qui da anni. Le famiglie presenti in Germania fanno di tutto per mantenere un basso profilo, per non apparire, e ciò con lo scopo di poter lavorare indisturbate.

Del resto questo abbandono del controllo del territorio a favore di una finanziarizzazione delle attività sta procedendo anche in Italia. Ed è credibile che ciò non sia dovuto solo ai successi ottenuti dalle autorità italiane nella lotta contro la criminalità, ma che le conquiste economiche operate dalla mafia in paesi come la Germania e i Paesi Bassi possano essere servite da esempio.
Per questo, lo stesso ministro Schilly ha dichiarato che la mafia non può essere combattuta dai singoli stati, ma solo dall’azione congiunta di essi e abbandonando le tecniche classiche a favore di investigazioni bancarie e fiscali (quasi seguendo l’esempio di ciò che fecero gli Stati Uniti per colpire Al Capone).

Qualcosa di più preciso su ciò che è la Germania per la mafia può essere scoperto leggendo le trascrizioni delle sedute della Commissione Antimafia del Parlamento italiano.
In tali sedute sono stati interrogati pentiti di mafia i quali hanno chiarito molti punti oscuri o addirittura sconosciuti di tale rapporto.

Elemento molto interessante è il modo in cui la mafia si rifornisce di armi.
Si è sempre detto che l’acquisto di armi avvenisse generalmente in Svizzera oppure nelle zone “calde” del globo, dove a causa di guerre le armi circolano quasi liberamente. Questo era vero fino a qualche tempo fa.
Dichiarazioni del pentito Leonardo Messina hanno messo a nudo una nuova strada per ottenere le armi, strada percorsa in Belgio e Germania. Qui, dai centri NATO, escono armi e materiali di ogni tipo che prendono la strada degli arsenali mafiosi, anche sfruttando l’apertura delle frontiere. Tali armi riescono a uscire dalle basi un po’ grazie alla corruzione dei militari e in parte grazie al maggiore lassismo nella sorveglianza che si ha dalla fine della guerra fredda. Spesso sono elementi della criminalità comune, non direttamente legati alla mafia, a portare fuori le armi e poi le “decine” (cioè le “filiali”) delle varie famiglie in Germania (in particolare nella zona di Mannheim) si occupano dell’acquisto e della distribuzione.

Le stesse decine si occupano poi del già citato riciclaggio. I personaggi più importanti, tramite prestanome, possiedono grosse imprese, in particolare nel settore movimento terra, nel calcestruzzo e nell’import/export (dove vengono operati i maggiori investimenti e con il quale spesso si riesce a far passare il riciclaggio, quando le cose vanno male, come “semplice” elusione o evasione fiscale).

Il cittadino tedesco però raramente è in grado di rendersi conto di questo intreccio di interessi sporchi e dell’avanzata della mafia in Germania.
Non è in grado di accorgersene in parte per la mancanza di strumenti culturali adeguati (fino a una ventina di anni fa le mafie erano fenomeni geograficamente circoscritti) e in parte per la capacità della mafia di nascondersi.
E non aiuta il fatto che spesso il giornalismo si sofferma sul lato romantico (il senso dell’onore e dell’appartenenza) o su quello brutale (la violenza, i fatti di sangue) della mafia. Due lati che nella realtà tedesca sono quasi assenti, ma che fanno vendere i giornali e riempire le sale dei cinema.
Il cittadino tedesco gradisce, eccome, questo tipo di descrizioni. Ciò è testimoniato anche dal successo avuto recentemente da un disco contenente le canzoni della ‘ndrangheta, canzoni che parlano di onore, avventura, vendette, violenza. Disco pubblicato proprio in Germania e che in Italia non avrebbe avuto altrettanto successo.

I tedeschi sono comunque in buona compagnia: anche in Italia si comincia a credere che la mafia sia finita. E la si cerca nei cinema.

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