29.9.06

Che cos'è l'Italia?

Anni fa, su un forum che gestisco sul web (Bollettino - Italienischer Stammtisch OnLine) mi venne posta secca da una partecipante la domanda: Che cos'è l'Italia?

Domanda difficile...

Io risposi. E qualche tempo dopo Contrasto pubblicò questa mia risposta sulla sua rivista (nel febbraio 2000, per la precisione).

Non si può definire un articolo, piuttosto un pensiero. Ma ve lo propongo lo stesso.

Buona lettura,

Mauro.

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Che cos'è l'Italia?

L'Italia? L’Italia è un luogo dell’anima.

È tutto e il contrario di tutto. È quello che gli italiani cercano di dimenticare, ma appena ci riescono, tornano a cercare. È il paradiso mascherato da inferno. È Europa e Africa, Asia e America. È quello che non riusciamo a definire, ma conosciamo benissimo. È quello che ci portiamo dentro quando siamo in giro per il mondo. È il paese che non sa farsi pubblicità. È il cuore staccato dal cervello, ma è anche un cervello che fa girare il mondo. È mare che si arrampica per i monti e monti che si tuffano in mare. È caldo e freddo. È la modernità antica e la memoria del domani. È volontà di fare ciò che non si sa fare e noia di fare ciò che si sa fare. È solitudine rumorosa, compagnia silenziosa. È proprietà di tutti e di nessuno. È una santa che si prostituisce oppure una prostituta che aspira alla santità. È ciò che si dovrebbe inventare se non ci fosse. È ciò che spesso si vorrebbe cancellare, ma poi cosa mettiamo al suo posto? È razionalità sposata alla superstizione. È malinconica allegria. È paura del futuro e del passato. È voglia di fuga dal presente.

L’Italia è... e forse non serve dire altro.

28.9.06

Piccola nota di servizio

È appena arrivato un commento all'articolo "L’ultima vittoria di Wojtyla" estremamente apprezzabile in toni e contenuti, però... anonimo.
L'autore o autrice non ha lasciato il suo nome indicato.

Dato che mi sono ripromesso di non pubblicare messaggi anonimi, a prescindere da toni e contenuti, ma mi dispiace rifiutare questo commento, vorrei invitare l'autore o autrice a riscriverlo inserendo il suo nome (mi basta il nome, non servono cognome, e-mail o altri recapiti).

Grazie.

Saluti,

Mauro.

27.9.06

Il ritorno di Silvia

È fresca fresca la notizia della definitiva scarcerazione, grazie alla legge sull'indulto, di Silvia Baraldini.

Con tutte le polemiche che ne seguiranno, perché a quanto pare essere veramente di sinistra, coerenti e convinti come la Baraldini, sembra in questo paese (o forse in questo tempo) un reato molto peggiore dell'omicidio e della violenza carnale.

Voglio qui presentarvi l'articolo che scrissi nell'ottobre 1999 per il numero 20 di Contrasto, in occasione dell'estradizione di Silvia in Italia.

Buona lettura,

Mauro.

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Il ritorno di Silvia

Finalmente, dopo anni di tribolazioni e innumerevoli tentativi, gli Stati Uniti hanno acconsentito a firmare l’accordo per il rientro in Italia di Silvia Baraldini, da anni incarcerata oltreoceano per reati terroristici.

Ma chi è veramente Silvia Baraldini? Cosa c’è dietro il suo ritorno in Italia? Non sono domande banali, in quanto la vicenda non è certo chiara e la politica prevale sulla giustizia.

La storia di Silvia comincia nel 1982, quando viene arrestata con l’accusa di aver partecipato a una rapina in cui ci sono scappati due morti. Da quest’accusa verrà assolta, ma, nel 1983, viene di nuovo arrestata con varie accuse: partecipazione all’evasione di una terrorista, associazione per delinquere allo scopo di rapina, omicidio, sequestro di persona, partecipazione a rapina. Per i primi due di questi reati viene condannata nel 1984 a 40 anni di carcere (più altri 3 per non aver voluto deporre davanti al Grand Jury).

Dopodiché la sua vita scorre tra sei diverse carceri negli USA (una delle quali verrà poi chiusa anche per intervento di Amnesty International, per la disumanità delle condizioni di detenzione). Nel 1988 le viene diagnosticato un tumore maligno a causa del quale viene sottoposta a due interventi chirurgici in condizioni a dir poco discutibili (non le vennero tolte le catene dai polsi neanche sul tavolo operatorio). Nel 1989 la prima richiesta italiana di estradizione (la convenzione di Strasburgo, sottoscritta tanto dall’Italia quanto dagli USA, prevede che un condannato possa scontare la pena nel suo paese d’origine). Infine i due viaggi negli USA di D’Alema di quest’anno (il primo subito dopo il verdetto sul Cermis, un caso?) a seguito dei quali si è ottenuto il rimpatrio. Prima di esaminare la sentenza (in realtà politica, in pieno stile McCarthy, non giudiziaria), cerchiamo di capire come Silvia si ritrovò dentro a questa storia.

Trasferitasi nel 1961 negli USA con la famiglia, la Baraldini partecipò, seguendo le sue idee di sinistra, dapprima ai moti studenteschi e per i diritti civili e nel 1975 divenne quindi membro del gruppo “19 maggio”, in lotta (anche violenta) contro la discriminazione razziale. Da allora ne condivise l’attività politica, senza mai entrare in atti violenti, venendo comunque “schedata” dalle autorità. Venne infine incarcerata in base alla legge RICO, legge istituita in funzione antimafia (e usata in senso estensivo solo per convenienza politica) che prevede che i crimini commessi dall’appartenente a un gruppo possano essere automaticamente addossati a tutti gli altri. I due reati imputati a Silvia rientrano in questa casistica. L’associazione per delinquere a scopo di rapina si riduce nel suo caso all’ideazione di una rapina poi mai avvenuta, in cui venne tirata in causa da un pentito che non è stato in grado di riconoscerla. La partecipazione all’evasione (incruenta) di Assata Shukur è stata data per certa dal tribunale, secondo cui Silvia guidò l’auto della fuga. In realtà la madre sostiene che Silvia era a Roma e non negli USA e in più una componente del gruppo (che attualmente gode di asilo politico a Cuba) dichiarò di essere stata lei, e non Silvia, alla guida.

Allora perché questa condanna e un trattamento penitenziario disumano? Semplice quanto sconvolgente: perché Silvia era una dissidente, era contro il sistema.

Come interpretare ora questo “cedimento” statunitense? Male, molto male. Non è un successo delle autorità italiane come scritto, bensì un ignobile baratto: l’Italia ha chinato la testa sull’atto criminale dei piloti del Cermis e soprattutto sullo scandaloso verdetto che li ha, di fatto, assolti. In cambio gli USA hanno restituito Silvia, di cui in realtà non sapevano più che farsene.

A peggiorare il tutto c’è il testo dell’accordo tra Italia e USA per il rimpatrio: pochi ne conoscono il contenuto, ma il fatto che rappresentanti ufficiali dello stato italiano lo abbiano firmato è di una gravità inaudita, in quanto contiene clausole anticostituzionali. In pratica, con tale firma l’Italia si impegna a mantenere le stesse condizioni carcerarie statunitensi, cioè a non applicare leggi costituzionalmente garantite.

Se l’Italia rispetterà tale firma avremo l’ennesima dimostrazione di essere semplicemente una colonia, e non uno Stato sovrano.

26.9.06

Contro Ponzio Pilato

In occasione dei referenda del 2005 sulla procreazione assistita trionfò l'astensionismo. Io scrissi al proposito un articolo cercando di dare un inquadratura giuridico-costituzionale alla questione, nel piccolo delle mie possibilità.

È interessante in certi casi scoprire quante cose non si sanno: per esempio che invitare all'astensione non è morale lo sappiamo tutti (anche se quando ci conviene lo dimentichiamo), ma quanti sanno che in molti casi è anche reato?

E, per chi è credente, andrebbe pure considerato peccato... almeno, così ci insegna la Bibbia.

Qui vi presento l'articolo pubblicato nell'estate del 2005 su Rinascita Flash.

Buona lettura,

Mauro.

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Contro Ponzio Pilato
Contro Don Abbondio


I referenda del 12-13 giugno sono passati. E sono falliti.
Intendiamoci, non è un fallimento che il sì non abbia vinto. Qualunque siano le nostre personali idee, qualunque sia il bene (reale o ipotetico) dello Stato, ogni referendum che raggiunga il quorum è un successo. Che vinca una parte o l’altra.
Qualunque referendum che venga invalidato a causa dell’astensionismo è un fallimento.
Un fallimento dello Stato, un fallimento dell’informazione, un fallimento della democrazia. E soprattutto un fallimento dell’intelligenza.

Ma non è il momento di parlare di ideali: per condannare il Ponzio Pilato astensionista sono più che sufficienti dati concreti. Leggi, Costituzione e Bibbia.

Tenendo conto che i primi sostenitori dell’astensione sono stati i vescovi e i cosiddetti partiti cattolici, è interessante partire dalla Bibbia.
E più precisamente dal Vangelo secondo Matteo, un testo che a quanto pare non gode di molta fortuna letteraria all’interno del mondo cattolico, visto che è stato completamente disatteso il suo insegnamento.

In due punti il Vangelo secondo Matteo smentisce il comportamento dei vescovi.
Matteo 5,37: “Il vostro parlare sia sì, sì; no, no; poiché il di più viene dal maligno”. Tradotto in parole povere: abbiate il coraggio di esprimere le vostre opinioni, di prendervi le vostre responsabilità. L’astenervi dal prendere posizione è male. Forse addirittura peccato.
Matteo 22,21: “Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Tradotto anche qui in parole povere: siate laici, non lasciate che la fede governi lo Stato e neanche che lo Stato vi imponga una fede.

Il nuovo Testamento ci viene in aiuto in un altro punto, per la precisione nella Lettera ai Colossesi 2, 16-21. La citazione è lunga e me la risparmio, riassunti però questi versi chiedono ai cristiani di rispettare le leggi (laiche!) dello Stato, senza tradire i propri principi religiosi. I vescovi ci hanno chiesto molto più semplicemente di venire meno alle regole dello Stato e di impedire agli altri (tramite l’astensione e, di conseguenza, l’annullamento del voto di chi alle urne è andato) di poter esprimere le proprie idee. Insomma: la legge va rispettata, ma avete il dovere di parlare, di difendere le vostre idee. Non di astenervi.

Come sarcasticamente, ma correttamente, ha commentato Vittorio Zucconi sul sito web di Repubblica: “Don Abbondio si sarebbe astenuto”. Don Abbondio. Non Cristo.

Non tutti sono però credenti. A coloro cui la Bibbia non dice nulla, può forse venire in aiuto la Costituzione della Repubblica Italiana. Un testo che dovrebbe unire tutti i cittadini italiani, qualunque credo religioso o politico essi abbiano.
E comunque un testo che tutti, volenti o nolenti, devono rispettare, in quanto costituente la legge fondamentale dello Stato.

La Costituzione contiene nell’articolo 48 (Titolo IV, “Rapporti politici”) due frasi molto importanti.
“Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico”. Non obbligo, ma comunque “dovere civico”. Civico significa anche “del cittadino”. Come fa uno che non adempie ai propri doveri civici pretendere di veder rispettati i propri diritti di cittadino? In sostanza: hai il diritto di non votare, ma così facendo decidi tu stesso di catalogarti come cittadino di serie B.
La seconda frase interessante, che è anche la più importante, recita: “Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge”.
Cosa è invece successo? Che il 25% (più quelli che non hanno potuto votare per impossibilità e non per scelta) dei cittadini italiani hanno visto il proprio diritto di voto non solo limitato ma addirittura annullato grazie alla campagna astensionista condotta non solo dalla chiesa, ma addirittura da esponenti di punta della politica e da membri del Parlamento della Repubblica Italiana.
Il voto di chi si è recato alle urne è stato, grazie al non raggiungimento del quorum, annullato, cancellato. A queste persone è stato di fatto negato il diritto di esprimere la propria voce nel segreto dell’urna, in quanto questa voce è stata a posteriori cancellata.

Molte persone considerano però Bibbia e Costituzione come “ideali”, non come leggi. Insomma dei cataloghi di opzioni che possono essere rispettati o meno, a seconda di voglia e convenienza.
Per quanto possa essere antipatico, questa visione può essere accettata (non apprezzata, però) per quanto riguarda la Bibbia, essendo essa un testo religioso, non un codice legislativo. La Costituzione però è legge effettiva. La legge suprema di uno Stato.
Molti non lo sanno. Ritengono che la Costituzione sia solo una dichiarazione di intenti.

In questo caso ci vengono in aiuto le leggi della Repubblica Italiana. Anche se, per assurdo, avessero ragione coloro che ritengono la Costituzione solo una dichiarazione di intenti, questi non sarebbero comunque giustificati nella loro propaganda astensionista. Anzi, secondo la legge sarebbero condannabili alla reclusione da sei mesi a tre anni (oltre che a pene pecuniarie).

Leggiamo l’articolo 98, titolo VII, del D.P.R. n. 361 del 30 marzo 1957 (“Testo unico delle leggi elettorali”): “Il pubblico ufficiale, l’incaricato di un pubblico servizio, l’esercente di un servizio di pubblica necessità, il ministro di qualsiasi culto, chiunque investito di un pubblico potere o funzione civile o militare, abusando delle proprie attribuzioni e nell’esercizio di esse, si adopera a costringere gli elettori […] o ad indurli all’astensione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire 600.000 a lire 4.000.000”. In breve: è lecito astenersi, ma è reato propagandare l’astensione.
Questa legge per anni è stata discussa, nel senso che ci si chiedeva se valesse solo per le elezioni o anche per i referenda.
Il dubbio è stato risolto con la legge n. 352 del 25 maggio 1970 “Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo”. Questa legge dice nell’articolo 51: “Le disposizioni penali, contenute nel Titolo VII del testo unico delle leggi per la elezione della camera dei deputati, si applicano anche con riferimento alle disposizioni della presente legge”.
In breve: anche sui referenda è lecito astenersi, ma è reato propagandare l’astensione.

Riassumendo il tutto: chi non si è recato a votare per scelta ha dimostrato di essere un pessimo cristiano e un pessimo cittadino, e chi lo ha indotto a non votare ha addirittura commesso reato.

Del resto il voto concedeva a tutti ogni possibilità di difendere le proprie idee:
1) Contrario alla legge? Voti sì.
2) Favorevole alla legge? Voti no.
3) Indeciso oppure convinto che debba decidere il Parlamento e non il popolo? Voti scheda bianca.

Insomma: alla fine non ha vinto l’una o l’altra posizione politica oppure la chiesa. Hanno vinto Ponzio Pilato e Don Abbondio, la vigliaccheria e il rifiuto di prendersi le proprie responsabilità.